L’artista non lavora con le forme e il colore, ma con il significato.
Joseph Kosuth
Le scritte in neon di Doppio passaggio riproducono due brani tratti da Le città invisibili di Italo Calvino e da Così parlò Zarathustra di Friedrich Nietzsche. Di uguale estensione e posti uno di fronte all’altro, entrambi i testi sviluppano la metafora del ponte come veicolo di comunicazione.
Joseph Kosuth (Toledo, Ohio, 1945) è uno dei pionieri dell’arte concettuale e ha focalizzato la propria ricerca sul linguaggio, interrogando la natura stessa dell’arte. L’opera che per prima gli è valsa la notorietà e ha messo in discussione le consuetudini espositive legate alla percezione dell’arte è One and Three Chairs, del 1965, in cui una sedia vera e propria è affiancata da una fotografia della stessa e dalla definizione della parola “sedia” tratta da un dizionario.
Il lavoro di Kosuth si propone quindi come un’investigazione semiotica sulle regole della rappresentazione e sul rapporto tra i concetti e le parole adottate per esprimerli, registrando gli slittamenti di senso che ogni rappresentazione implica e utilizzando spesso la tautologia e le citazioni, come avviene con la Luce torinese, concepita per il ponte Vittorio Emanuele I.
Joseph Kosuth ha partecipato a otto edizioni della Biennale di Venezia, ricevendo la menzione d’onore nel 1993, e a sette edizioni di documenta a Kassel. Tra i moltissimi riconoscimenti, si ricordano la nomina a Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres del governo francese (1993), la laurea Honoris Causa in Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna (2001), il dottorato Honoris Causa dell’Università dell’Avana (2015) e la Medal of Honor del National Arts Club (2022). Le sue opere sono nelle collezioni dei più importanti musei del mondo, tra cui a New York, Boston, Melbourne, Mosca, Londra, Vienna e Parigi.
Da Calvino: “Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra. Ma qual è la pietra che sostiene il ponte? chiede Kublai Kan. Il ponte non è sostenuto da questa o da quella pietra, risponde Marco, ma dalla linea dell’arco che esse formano. Kublai Kan rimane silenzioso, riflettendo. Poi soggiunge: Perché mi parli delle pietre? È solo dell’arco che mi importa. Polo risponde: senza pietre non c’è arco”.
Da Nietzsche: “La grandezza dell’uomo è di essere un ponte e non uno scopo: nell’uomo si può amare che egli sia una transizione e un tramonto. Io amo coloro che non sanno vivere se non tramontano, poiché essi sono una transizione. Io amo gli uomini del grande disprezzo, perché essi sono anche gli uomini della grande venerazione e frecce che anelano all’altra riva”.
Silvia Maria Sara Cammarata
Collocazione attuale
in restauro
Collocazioni precedenti
nel 2001 sul ponte Vittorio Emanuele I, tra piazza Vittorio Veneto e piazza Gran Madre di Dio; dal 2003 al 2012 ai Murazzi del Po e lungo Po Cadorna; dal 2019 ad oggi sul ponte di Piazza Vittorio Veneto.
Specifiche tecniche
Neon, telai di supporto e sistema di controllo DMX.