27 OTT 23
14 GEN 24
26A EDIZIONE
TORINO
Luci d’Artista arriva alla sua 26esima edizione. Ogni anno, nel periodo invernale, la Città di Torino si trasforma in un Museo a cielo aperto di installazioni luminose di grandi artisti italiani e internazionali. Le Luci nascono nel 1998 come eccezionali luminarie per celebrare le feste natalizie, e da subito diventano oggetto di un obiettivo ambizioso: creare una collezione pubblica espressione di “una cultura alta capace di comunicare con tutti”, come affermava Fiorenzo Alfieri, che ne è stato il visionario ideatore.
Ma ogni progetto per continuare a essere vivo ha la necessità di evolvere. Ecco allora che Luci d’Artista sin da quest’anno inizia un processo di mutazione della propria identità per diventare una vera e propria istituzione dedicata al contemporaneo, che sia ancora più amata e conosciuta, aperta e sostenibile, attiva tutto l’anno e non solo nei mesi invernali, dotata di una comunicazione continuativa con il proprio pubblico e un nuovo sito internet ricco e dettagliato.
— Antonio Grulli, curatore Luci d'Artista
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LUCI D'ARTISTA
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1
Cosmometrie (2002)
Mario Airò
Piazza Carignano (Circ. 1)
38 proiettori a led con vetrini incisi, struttura in policarbonato, pali d’acciaio, centralina di comando PLC
SCOPRI
Le Cosmometrie di Mario Airò sono schemi simbolici e geometrici concepiti per essere proiettati a terra, tratti dall’opera Articuli 160 adversus mathematicos di Giordano Bruno (1548-1600).
Ciò che interessa l’artista è l’approccio speculativo e non solo matematico che caratterizzò le indagini geometriche del teologo.
Nelle sue opere Airò fa spesso riferimento alla tradizione letteraria e filosofica, com’era già accaduto con Welcome to my monasterio (1997), in cui partendo dal romanzo di Ernest Hemingway Isole nella corrente aveva riflettuto sul lavoro di Pontormo, Ezra Pound, El Greco e Hölderlin. Come in molti suoi lavori (Notti e nebbie del 1998 o La nebulosa di Orione del 2002), i proiettori e gli altri strumenti utilizzati non sono celati ma esposti a loro volta: la compresenza di tecnologia e riferimenti a fonti storiche evoca un’atmosfera suggestiva e ambigua al tempo stesso.
Con un esordio sulla scena artistica negli anni Novanta, Mario Airò (Pavia 1961) è stato tra i fondatori della rivista «Tiracorrendo» e dello spazio espositivo di via Lazzaro Palazzi a Milano. Ha partecipato a rassegne come la Quadriennale di Roma e la Biennale di Venezia (nel 1996 e 1997) e nel 2001 la GAM di Torino gli ha dedicato una personale. Alcune sue opere appartengono a importanti collezioni pubbliche come la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, il Castello di Rivoli e la stessa GAM. -
2
Orizzonti (2023)
Giovanni Anselmo
Piazza Carlo Alberto (Circ. 1)
Orizzonti è il titolo dell’installazione di Giovanni Anselmo: si compone di 4 luci di colore blu che rappresentano le parole Nord, Est, Sud e Ovest, i 4 punti cardinali. Tutte le luci sono visibili contemporaneamente dal centro della piazza, così da permettere a chiunque passi di orientarsi, cercando la propria direzione nello spazio. Indicando i punti cardinali a partire dal centro esatto di Piazza Carlo Alberto, l’artista mette in relazione un luogo di Torino con uno spazio più ampio, globale, geografico e infine cosmico. Lo spettatore, così come il passante casuale, avrà in questo modo la possibilità di andare “oltre” il mero dato spaziale e storico in cui si trova a vivere in quel momento, trovando e ridefinendo un proprio orizzonte.
SCOPRI
L’installazione interagisce con l’impianto della città, riposizionandola e mostrando, in maniera sottilmente disturbante, come la pretesa ortogonalità di buona parte della pianta urbana sia in realtà sfasata rispetto ai punti cardinali. Attraverso le opere di Anselmo si può̀ sentire il mondo prendere posizione sotto i piedi, e il corpo prende coscienza fisica e mentale di elementi eterni e immutabili, come nel caso delle opere storiche in cui viene utilizzato l’ago magnetico delle bussole indicante il nord. L’artista presenta direttamente le energie del cosmo e della vita, mettendole in scena, esponendole e non rappresentandole, e rendendo visibili concetti come la gravità, l’equilibrio e le forze della natura. La luce, in questo processo per cui viene reso visibile l’invisibile, assume un ruolo fondamentale e diventa materiale d’elezione. -
3
Vele di Natale (1998)
Vasco Are
Piazza Bodoni (Circ. 1)
Legno, tubo luminoso a led, lampadine, rete metallica, frammenti di plexiglas colorati e campanelli di bronzo e ottone.
SCOPRI
Le Vele di Natale sono costituite da telai di legno triangolari e da reti metalliche a cui sono fissati campanelli e frammenti di plexiglas colorati che rifrangono la luce. I tubi di lampadine di colore verde lungo i bordi richiamano gli alberi di Natale e il suono dei campanelli crea un effetto fiabesco che, nelle intenzioni dell’artista, ricorda l’immagine di aquiloni o di alberi della cuccagna.
Il poeta Nico Orengo ha raccontato l’amore per i giochi di parole dell’amico Vasco Are (Castelletto Stura, Cuneo 1943-2001), e non è un caso che il titolo dell’opera presenti un’ambiguità: non “alberi”, ma “vele”. Per Are, le vele rimandano all’immaginario avventuroso di Emilio Salgari e Robert Louis Stevenson, ai pirati e ai vichinghi.
Attivo a Torino dagli anni Sessanta, ha fondato nel 1967 la casa editrice Pithecanthropus con Gianni Milano e Tucci Russo. La sua ricerca, caratterizzata da una sensibilità ai temi ecologisti che si riflette nel frequente uso di materiali di recupero, si è sviluppata nei diversi linguaggi della poesia, della pittura, del cinema e della scultura. -
4
Ancora una volta (2012)
Valerio Berruti
Via Monferrato (Circ. 8)
Telai in alluminio, rete metallica, microluci led e tubo luminoso a led.
SCOPRI
Ancora una volta si compone di dieci elementi che, come fotogrammi luminosi, si accendono uno dopo l’altro per poi restare illuminati contemporaneamente per qualche istante, in una sequenza che ricorda le tecniche per realizzare le animazioni, uno dei procedimenti cari a Valerio Berruti.
È proprio la sequenza a fornire all’immagine la mobilità necessaria a evocare i salti di un gioco infantile che si svolge sopra la testa dei passanti, con i quali sembra interagire il profilo del bambino accovacciato.
Il lavoro di Berruti è popolato di figure infantili disegnate con pochi tratti, che trascurano i dettagli per far emergere la semplicità delle forme. A volte rappresentate da sole, queste figure appaiono spesso in gruppi familiari, tanto da indurre il critico Marco Meneguzzo a parlare di «antropologia borghese», anche per un certo senso di nostalgia che le sue opere suscitano.
Il suo immaginario legato all’infanzia, inizialmente espresso con la pittura e il disegno, si è poi sviluppato nella scultura e nel linguaggio cinematografico, con progetti video e installativi come La giostra di Nina (MAXXI, Roma, 2019) per estendersi poi su scala ambientale e urbana. -
5
Tappeto volante (1999)
Daniel Buren
Piazza Palazzo di Città (Circ. 1)
Cavi e telai in acciaio, lanterne cubiche in plexiglas, pellicola adesiva.
SCOPRI
Il Tappeto volante è composto da 1536 lanterne cubiche di plexiglas colorate di rosso o blu alternati al bianco, nelle strisce di 8,7 centimetri che caratterizzano tutte le opere di Daniel Buren, a prescindere dalla grandezza e dal luogo per cui vengono concepite.
Dal 1965 Buren ha infatti abbandonato le tradizionali tecniche pittoriche per dedicarsi a una ricerca minimalista e concettuale. Da allora utilizza la striscia: un segno volutamente banale e anonimo che evita elementi soggettivi e si configura come un atto radicale: uno «strumento visuale» che permette a chi osserva di non concentrarsi solo sull’oggetto, ma sul rapporto che esso intrattiene con il luogo che lo ospita. L’opera diventa così un segnale d’attenzione verso il contesto.
In alcune edizioni passate di Luci d’Artista, Tappeto volante è stata allestita in altre location del centro cittadino, e in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino 2006 è stata modificata sostituendo il verde al blu per celebrare i colori della bandiera italiana.
Daniel Buren è uno degli artisti contemporanei più apprezzati a livello internazionale, insignito già nel 1986 del Leone d’Oro alla carriera della Biennale di Venezia. La sua rigorosa ricerca si sviluppa su supporti diversi e su scala ambientale, con interventi nello spazio pubblico e opere permanenti come l’installazione nella corte d’onore del Palais Royal di Parigi, con 260 colonne ottagonali che si estendono anche nel sottosuolo o, in Piemonte, le 126 bandiere fluttuanti che dialogano con il paesaggio dalle terrazze della Fondazione Zegna di Trivero, nel biellese. -
6
Volo su... (1998)
Francesco Casorati
Via Garibaldi fino a piazza Statuto (Circ. 1)
Alluminio, acciaio, tubo luminoso a led.
SCOPRI
Volo su... è composta da cinquantadue uccelli stilizzati rappresentati in quattro pose diverse, due in volo e due con le zampe visibili, distribuiti in successione lungo un’immaginaria traiettoria a zig-zag, mentre tengono nel becco lo stesso lungo filo rosso che da via Garibaldi, sede della collocazione originale, arriva ad avvolgere il monumento ai Caduti del Fréjus di piazza Statuto. È un’opera che ben rappresenta la poetica dell’artista, in cui il profilo geometrico degli uccelli si unisce a un’intonazione fiabesca e il luminoso filo rosso evoca un percorso che unisce gli uni agli altri e, come un filo d’Arianna, indica ai passanti la strada verso l’armonia.
Francesco Casorati è stato attivo dalla seconda metà degli anni Cinquanta tra gli artisti torinesi che si riunivano intorno alla rivista «Orsa Minore» di Francesco Tabusso, sviluppando una ricerca autonoma ma in costante dialogo con le correnti artistiche coeve. Figlio di Felice, tra i maggiori protagonisti dell’arte italiana della prima metà del Novecento, e dell’artista inglese Daphne Maugham, che lo aveva avviato alla pittura e al pianoforte, Francesco Casorati, pur nella diversità, aveva ereditato dal padre un approccio alla pittura che non nasce dall’impressione ma dall’idea, e che influenzò anche la sua ricca produzione calcografica. Il suo immaginario affonda le radici nel mondo dell’infanzia ed è popolato da soggetti ricorrenti quali uccelli, pesci, gabbie e navi, rappresentati spesso con uno stile in cui la semplificazione e il rigore formale si legano a un forte lirismo. -
7
Regno dei fiori: nido cosmico di tutte le anime (2004)
Nicola De Maria
Piazza Carlina (Circ. 1)
Strutture in ferro, pellicola adesiva colorata, lastre di lexan, fibra ottica e illuminatori regolabili.
SCOPRI
Nicola De Maria ha realizzato Regno dei fiori: nido cosmico di tutte le anime intervenendo sui lampioni preesistenti di piazza Carlo Emanuele II, attorno ai quali ha avvolto elementi tubolari in metallo su cui si agganciano i fili di fibra ottica che riflettono la luce come una matassa luminosa, evocando l’immagine del nido.
Il titolo Regno dei fiori, che compare più volte nella ricerca di De Maria, riflette l’ambizione "cosmica" dell’artista di abbracciare tutti i mondi possibili all’interno della sua opera, rendendo visibile il trascendente, in una ricerca di armonia carica di componenti spirituali. La sua produzione pittorica, declinata in ampi formati che si sviluppano spesso su scala ambientale investendo pareti e soffitti, è caratterizzata da una forte tensione lirica che trova espressione anche nei titoli o nelle frasi tracciate con grafia sottile che talvolta compaiono sul tessuto pittorico. Parole e segni rimandano a una dimensione interiore che si pone in dialogo con l’assoluto, dando forma a un intero sistema linguistico, quasi una grammatica di forme elementari e colori squillanti, all’insegna di una ritrovata innocenza.
Nicola De Maria ha preso parte alla Transavanguardia, il gruppo formato dal critico Achille Bonito Oliva nel 1979 che, nell’ambito della nascente cultura postmoderna, esprimeva un rinnovato interesse per la pittura e per le tecniche artistiche tradizionali. -
8
L’energia che unisce si espande nel blu (2009)
Marco Gastini
Galleria Umberto I (Circ. 1)
Telaio in alluminio, cavi d’acciaio, tubo luminoso a led.
SCOPRI
Come si evince dal titolo, protagonista di quest’opera di Marco Gastini è l’energia, tema centrale del suo percorso artistico. In una conversazione con lo storico dell’arte Bruno Corà, Gastini spiegava infatti il proprio lavoro come la necessità di «toccare l’energia che è all’interno dei materiali e farla diventare pittura, bloccare la tensione e determinarla sulla tela».
La sua luce L’energia che unisce si espande nel blu si configura così come una grande pittura luminosa nel tono prevalente del blu, cui Gastini attribuisce una speciale energia, evocando «il blu di Klein, o quello di Giotto».
Marco Gastini si è formato all’Accademia Albertina di Torino e, ancor prima, nel laboratorio da marmista del padre. Ha avviato la sua ricerca negli anni Sessanta, mosso dall’esigenza di superare il tardo Informale, approdando in un primo tempo alla definizione di una pittura di tracce e gesti minimi, che poi si è espansa, frammentata, in tensione con lo spazio.
Con una fitta attività espositiva in Italia e all’estero, Gastini ha partecipato in due occasioni alla Biennale di Venezia, nel 1976 e nel 1982. Nel 2001 la GAM di Torino gli ha dedicato un’importante retrospettiva curata da Pier Giovanni Castagnoli e Helmut Friedel, allestita poi alla Lenbachhaus di Monaco. -
9
Planetario (1998)
Carmelo Giammello
Via Roma (Circ. 1)
Alluminio, rete di nylon, policarbonato, neon sostituito con tubo luminoso a led nel 2019, in occasione del rifacimento dell’opera, globi luminosi.
SCOPRI
Il Planetario di Carmelo Giammello è costituito da trentaquattro strutture che presentano vari tipi di costellazioni. Tra fedeltà scientifica e invenzione creativa, solo alcune di esse sono riconoscibili, come l’Orsa Maggiore, l’Orsa Minore o il Centauro, mentre altre rispondono semplicemente al disegno dell’artista.
Dopo gli studi in scenografia all’Accademia Albertina, Carmelo Giammello è stato responsabile degli allestimenti scenici del Teatro Stabile di Torino dal 1989 al 2002, lavorando nel frattempo anche in altri contesti e affiancando alcuni dei registi e degli autori teatrali più noti, da Massimo Missiroli a Dario Fo, da Ugo Gregoretti a Giancarlo Sepe. Nel 1994 ha collaborato con Gae Aulenti allo spettacolo lirico Elektra per il Teatro alla Scala di Milano.
La sua pratica allestitiva e la conseguente sensibilità per gli interventi nello spazio si declinano anche nella luce torinese, che si configura come una vera e propria scenografia luminosa. Nel 2004, Giammello ha vinto i Premi Gassman e Ubu con la scenografia de
L’avaro di Molière. -
10
Migrazione (Climate Change) (2015)
Piero Gilardi
Galleria San Federico (Circ. 1)
Telaio, cavi d’acciaio e tubo luminoso a led.
SCOPRI
L’installazione Migrazione (Climate Change) consiste di dodici sagome di pellicani che, seguendo un algoritmo messo a punto da Piero Gilardi con il videomaker Heinrich Vogel, si illuminano e si spengono una dopo l’altra, alternando i colori blu, viola, rosso e giallo che rimandano al tramonto. Come suggerisce il titolo, lo stormo vola alla ricerca di climi più favorevoli.
Famoso soprattutto per i Tappeti natura che dal 1965 testimoniano la sua precoce sensibilità per i temi legati all’ambiente, Gilardi ha incarnato fin dagli esordi la figura dell’artista militante. Ha animato l'esperienza dell'arte povera sin dagli albori, affiancando la pratica artistica (poi temporaneamente abbandonata) all'elaborazione teorica e all'attivazione di reti e scambi tra gli artisti. È stato infatti tra gli animatori del Deposito d’Arte Presente e con i suoi viaggi tra l’Europa e gli Stati Uniti ha voluto mettere in relazione gli artisti, immaginando una loro potenziale autogestione e contribuendo all’ideazione di due mostre epocali come «When Attitudes Become Form» (Kunsthalle di Berna) e «Op Losse Schroeven» (Stedelijk Museum di Amsterdam), entrambe del 1969. Negli anni Ottanta ha abbracciato la New Media Art con l’idea di esplorare nuove possibilità di convivenza e condivisione sociale e, nel decennio successivo, ha creato installazioni interattive multimediali nell’ambito di un’intensa attività internazionale. Nel 2006 ha fondato il PAV Parco d’Arte Vivente di Torino, che definisce «un incubatore di coscienza civile ecologica» e per il quale nel 2018 ha realizzato un’altra installazione luminosa dal titolo L’albero del PAV.
Nel 2017 il MAXXI di Roma gli ha dedicato un’importante retrospettiva. -
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AZZURROGIALLO (2022)
Giorgio Griffa
Giardini Sambuy, piazza Carlo Felice (Circ. 1)
Cavi e tesate in acciaio, funi e cavi in nylon, telaio in alluminio, microluci led, tubo luminoso a led, pali in acciaio e basamenti in calcestruzzo.
SCOPRI
Un torrente dinamico blu elettrico fluttua attorno a gorghi gialli: l’installazione di Giorgio Griffa si inserisce con magica forza nella cornice dei Giardini Sambuy, modificando in profondità la percezione del luogo. L’artista ha indicato i motivi che lo hanno «accompagnato» in questa nuova esperienza: il pensiero dell’instabile universo fisico, della vita, delle particelle elementari, una «immensa energia indeterminata» in continuo divenire; un flusso di energia come fosse il flusso dell’acqua.
Dopo una vita di lavoro e di ricerca sugli strumenti tradizionali della pittura - il colore, la tela - Griffa ha affrontato la luce, lo spazio aereo e ambientale. Il lavoro dell’artista è stato sempre frutto di una concentrazione estrema, agli inizi come nelle fasi successive, con l’approfondimento su Matisse e il grande tema della decorazione, quasi come un fatto privato... ora ha affrontato lo scontro inevitabile con il fruitore, anche quello dallo sguardo non abituato a misurarsi con l’opera d’arte. Nuova tecnica, nuovi strumenti. Ne è scaturita un’opera al contempo asciutta e sontuosa, quasi festosamente ridondante rispetto a tanti raggiungimenti del passato.
Un’epifania luminosa, dal richiamo irresistibile, del resto non negato dall’artista, a certe notti stellate dei dipinti di Van Gogh.
Giorgio Griffa è presente con importanti opere nella collezione della GAM di Torino e in molti musei italiani e stranieri. Ha una intensa carriera espositiva a livello nazionale e internazionale con oltre 150 mostre personali. Nel 2022 è stato celebrato con una retrospettiva al Centre Georges Pompidou di Parigi. -
12
Illuminated Benches (2005)
Jeppe Hein
Piazza Risorgimento (Circ. 4)
Strutture metalliche modulari, tubo luminoso a led, sensori, pannelli di laminato plastico colorato.
SCOPRI
L’opera è un’installazione composta da dodici panchine sistemate in modo da formare due ferri di cavallo. Il peso di chi ci si appoggia provoca l’accensione delle lunghe barre di neon poste orizzontalmente sotto ogni seduta, illuminando la parte sottostante della panchina di bianco rosato, giallo, rosso, azzurro ghiaccio, blu o verde.
Jeppe Hein fa così delle panchine un oggetto relazionale e interattivo: quando non sono illuminate si confondono con le altre, ma quando si illuminano rendono plateale la scelta di relazione tra i diversi soggetti seduti, marcandone la distribuzione e la vicinanza. Allo stesso modo, una sola persona che illumini una panchina rende più evidente la propria momentanea condizione di solitudine.
«La mia arte dovrebbe essere un mezzo di comunicazione e interazione tra visitatore, opera e spazio in grado di cambiare l’idea delle persone riguardo le proprie aspettative sull’arte», spiega Hein. Il coinvolgimento diretto aiuta così lo spettatore, a volte inconsapevole di relazionarsi a un’opera d’arte, a superare la contemplazione passiva tipica della fruizione museale, senza dover superare alcuna barriera sociale o linguistica.
L’interazione e la partecipazione sono al centro del lavoro di Jeppe Hein che, dalla fine degli anni Novanta, ha realizzato interventi negli spazi pubblici in diverse parti del mondo ed esposto in alcuni dei musei più conosciuti a livello internazionale. Le sue Modified Social Benches (panchine di forme tali da creare sedute su più livelli, spesso con scivoli) sono state allestite nei Giardini della Biennale di Venezia nel 2019 e nel 2022 il Moderna Museet di Stoccolma gli ha dedicato un’importante mostra personale intitolata «Who are you... really?» -
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Piccoli spiriti blu (1999)
Rebecca Horn
Monte dei Cappuccini (Circ. 8)
Pali, tiranti e cavi d’acciaio, tubo luminoso a led, proiettori.
SCOPRI
Piccoli spiriti blu è composta da 72 cerchi luminosi di diverse dimensioni, installati inizialmente attorno alla chiesa Gran Madre, e poi sul Monte dei Cappuccini, dove circondano la chiesa estendendosi fino a un’ala dell’ex convento. In entrambe le sedi, l’opera contribuisce a modificare la percezione dello spazio creando un’atmosfera di sospensione dai toni irreali. Se prima era l’aura di mistero che viene attribuita alla Gran Madre, ora è la nebbia della collina torinese ad amplificarne l’effetto.
L’energia che scaturisce dai luoghi è al centro di altre installazioni di luce realizzate tra gli anni Novanta e Duemila, come Spiriti di madreperla, in piazza del Plebiscito a Napoli, dove anelli luminosi bianchi sospesi sopra teschi di ghisa affioranti dal suolo definivano un campo energetico tra terra e cielo, evocando la vita che si affaccia all’eternità.
Rebecca Horn lavora con diversi linguaggi e media. Nelle sue prime performances negli anni Settanta indaga il rapporto tra corpo e spazio attraverso le «estensioni corporali», strutture e maschere da indossare alle quali sono presto subentrati complessi dispositivi meccanici, macchine cinetiche che figurano inizialmente nei suoi film, e interagiscono con l’ambiente attraverso elementi e oggetti quali specchi, imbuti, piume.
Tra gli anni Ottanta e Novanta Horn ha realizzato sculture site specific in luoghi carichi di importanza politica e storica. Nel suo universo di materie e di forme ricche di rimandi metaforici e simbolici, è presente anche la potenza della scrittura.
Rebecca Horn ha avuto mostre personali in musei quali il MOCA di Los Angeles, il Guggenheim di New York, la Tate Modern di Londra e ottenuto diversi premi, tra i quali il documenta Prize (1986) e il Praemium Imperiale di Tokyo (2010). -
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Cultura=Capitale (2013)
Alfredo Jaar
Museo della Resistenza (Circ. 1)
Neon e telaio di supporto.
SCOPRI
Cultura=Capitale è l’equazione luminosa che Alfredo Jaar ha voluto realizzare per lasciare un messaggio così semplice da risultare inequivocabile: uno slogan, passato però attraverso la lettura attenta delle pagine di Antonio Gramsci, Pier Paolo Pasolini e Nanni Balestrini, che sono per l’artista importanti punti di riferimento. «Gli spazi dell’arte e della cultura sono gli ultimi ad essere rimasti liberi, per questo sono preziosi. La cultura è il nostro vero capitale», spiega Jaar.
Artista, architetto e film maker, Jaar vive e lavora a New York dal 1982, ma si è formato nel Cile oppresso dalla censura del regime di Augusto Pinochet.
Nella convinzione dell’importanza del ruolo dell’artista, che può proporre «modelli per pensare il mondo», Jaar crea lavori concettuali e interventi pubblici che colpiscono la coscienza individuale.
Ha partecipato a cinque edizioni della Biennale di Venezia (1986, 2007, 2009, 2013) e ad altre importanti rassegne internazionali come la Biennale di San Paolo o la documenta di Kassel. I suoi lavori - che gli sono valsi il Guggenheim Fellowship (1985), il Mac Arthur Fellowship (2004) e il premio Extremadura a la Creación (2006) - sono stati esposti in alcune delle più importanti collezioni internazionali. -
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Doppio passaggio (2001)
Joseph Kosuth
Ponte Vittorio Emanuele I (Circ. 1)
Neon, telai di supporto e sistema di controllo DMX.
SCOPRI
Le scritte in neon di Doppio passaggio riproducono due brani tratti da Le città invisibili di Italo Calvino e da Così parlò Zarathustra di Friedrich Nietzsche. Di uguale estensione e posti uno di fronte all’altro, entrambi i testi sviluppano la metafora del ponte come veicolo di comunicazione.
Joseph Kosuth è uno dei pionieri dell’arte concettuale e ha focalizzato la propria ricerca sul linguaggio, interrogando la natura stessa dell’arte. Il suo lavoro si propone quindi come un’investigazione semiotica sulle regole della rappresentazione e sul rapporto tra i concetti e le parole adottate per esprimerli. L'artista registra gli slittamenti di senso che ogni trasposizione implica e utilizza spesso tautologie e citazioni come avviene con la luce torinese concepita per il ponte Vittorio Emanuele I.
Joseph Kosuth ha partecipato a otto edizioni della Biennale di Venezia, ricevendo la menzione d’onore nel 1993, e a sette documenta di Kassel. Tra i moltissimi riconoscimenti, si ricordano la nomina a Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres del governo francese (1993), la laurea Honoris Causa in Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna (2001) e il dottorato Honoris Causa dell’Università dell’Avana (2015). Le sue opere sono nelle collezioni dei più importanti musei del mondo. -
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io, sono nato qui. (2022)
Renato Leotta
Ospedale Sant’Anna, corso Spezia (Circ. 8)
Neon, telaio di supporto in alluminio e sistema di controllo DMX
SCOPRI
io, sono nato qui.: il corsivo in neon bianco appare sul tetto dell’Ospedale Sant’Anna di Ostetricia e Ginecologia di Torino in una dimensione discreta ma leggibile. Leotta è davvero nato all’Ospedale Sant’Anna e questo fa dell’opera un progetto specifico al contesto e molto personale. Ma è anche un richiamo allo statuto del Soggetto più in generale, in un’epoca in cui non solo l’artista deve fare i conti con la sensazione di una propria minorità rispetto ai giganteschi numeri dei social media pervasi da comunicazioni e followers, ma anche ogni passante, in macchina o a piedi, può fermarsi in questo luogo di transito automobilistico lungo il fiume Po e vivere un momento poetico di consapevolezza della propria fragile esistenza: anche loro hanno trascorso qualche ora o giorno al momento della propria nascita in un luogo quasi anonimo come questo.
L’opera è dunque un inno a quanto rimane della persona in un’epoca algoritimica di percepita passività di fronte alla macchina tecnologica, oltre a essere un’immagine, in quella pausa segnata dalla virgola dopo la parola «io», del narcisismo malinconico e isterico di massa, di chi posta freneticamente i propri selfie e dati alla ricerca di riscontro e riconoscimento.
Artista che utilizza diversi mezzi e materiali, di ascendenza concettuale e poverista, Leotta è nato nel 1982 e vive tra la Sicilia e la Torino adottata dai genitori negli anni Settanta durante un colpo di coda dell’epopea industriale.
È tra i giovani artisti italiani più emergenti a livello anche internazionale e ha esposto a Manifesta 12 a Palermo nel 2018, al Castello di Rivoli nel 2020 e alla diciassettesima Biennale di Istanbul nel 2022. -
17
Luì e l’arte di andare nel bosco (1998)
Luigi Mainolfi
Via Lagrange (Circ. 1)
Struttura in profilato d’alluminio e tubo luminoso a led.
SCOPRI
Luì e l’arte di andare nel bosco è il racconto dello scrittore Guido Quarzo che Luigi Mainolfi ha diviso in quarantasette frasi scritte in forma di insegne luminose, da leggere camminando. È la storia del matto Luì che riesce a recuperare i bambini e altre persone perse nel bosco grazie alla capacità di inventare oggetti che fanno rumore e di creare sculture intagliando il legno trovato lungo il cammino. Il protagonista del racconto si presenta così come un alter ego di Mainolfi, scultore impegnato nella creazione di opere di natura sonora come campane e nacchere.
Mainolfi (si è trasferito a Torino nel 1973 dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Napoli e ha esordito negli anni Settanta con installazioni e mostre in cui presentava calchi del proprio corpo in gesso. Nello stesso periodo ha lavorato sugli aspetti più teorici della scultura con una serie di disegni e scritti, elaborando poi un linguaggio personale che attingeva ai valori della cultura materiale e a un immaginario che univa la dimensione arcaica e quella poetica e favolistica. Negli anni Ottanta si è imposto all’attenzione della critica grazie a opere realizzate con materiali legati alla terra come il tufo, la terracotta e la pietra lavica. Affermatosi a livello internazionale, nel 1982 ha esposto alla documenta di Kassel e alla Biennale di Venezia, che nel 1990 gli ha dedicato una sala personale. Tra le numerose mostre, si ricordano la partecipazione nel 1986 a Ouverture II (seconda esposizione del Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli a cura di Rudi Fuchs) all'antologica del 1995 curata da Pier Giovanni Castagnoli e Riccardo Passoni presso la Società Promotrice di Belle Arti. -
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Il volo dei numeri (2000)
Mario Merz
Mole Antonelliana (Circ. 1)
Neon, telai di supporto in alluminio, cavi in acciaio e sistema di controllo DMX
SCOPRI
Il volo dei numeri di Mario Merz consiste nella riproduzione in neon dei primi sedici numeri della serie di Fibonacci, la sequenza matematica individuata dall’abate Leonardo da Pisa nel 1202 e che da allora matematici e scienziati hanno verificato essere uno schema ricorrente in natura. Dalla sua trasposizione geometrica, che governa lo sviluppo di diverse forme di vita animali e vegetali, è nata la sezione aurea, che ha affascinato artisti e intellettuali nel corso dei secoli.
Il connubio atavico tra natura e cultura, incarnato da questa serie di numeri, rispecchia la poetica di Mario Merz, che nelle sue opere ha affiancato materiali industriali ad altri naturali come frutti, fascine o cera, affidando spesso all’energia luminosa del neon l’espressione di un’idea di trasformazione continua della realtà, attraversata da un flusso vitale di cariche fisiche e immaginative.
Il volo dei numeri è stata realizzata e donata dall’artista alla Città di Torino in occasione della mostra coerenza in coerenza allestita alla Mole Antonelliana nel 1984, e dal 2000 è entrata a far parte della manifestazione Luci d’Artista.
ra gli artisti italiani più riconosciuti a livello internazionale, Merz, , di cui ricorre quest’anno il ventennale della morte, ha partecipato all’esperienza dell’Arte Povera ed è particolarmente noto al grande pubblico per i suoi Igloo, ai quali è stata dedicata un’importante retrospettiva all’Hangar Bicocca di Milano nel 2018-2019. La sensibilità politica che già lo aveva spinto, ventenne, a unirsi al gruppo antifascista di Giustizia e libertà e a essere perciò arrestato, è alla base di alcune delle sue opere più celebri come l’Igloo di Giap (1968), su cui è fissata la scritta in neon di una citazione dal generale vietnamita. Nel suo percorso non manca la pittura, con la quale ha esordito e che ha continuato a praticare in chiave ambientale e installativa. Merz ha ricevuto numerosi premi, l’ultimo dei quali, nel 2003, è stato il Praemium Imperiale per la Pittura a Tokyo. -
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Concerto di parole (1998)
Mario Molinari
Piazzale Polonia (Circ. 8)
Blocchi di polistirolo espanso verniciati, tiranti in fil di ferro e faretti. Rifatta nel 2022, struttura portante in travatura d’acciaio, rivestimento in lamiera di acciaio verniciata, proiettori a led.
SCOPRI
Concerto di parole si compone di quattro blocchi di solidi geometrici in polistirolo espanso, dipinti con colori accesi. Massicci nell’aspetto ma leggeri di fatto, accompagnati in alcune edizioni da festoni in forma di triangoli e omini stilizzati, questi solidi sono il punto di incontro di una ricerca che fonde rigore e fantasia. Convinto assertore di un’arte di facile comprensione per tutti, Mario Molinari ha adottato il linguaggio immediato e familiare della geometria e dei colori primari e secondari, guadagnandosi l’appellativo di «scultore del colore», come recita la targa che la Città di Torino gli ha dedicato nei pressi della sua casa-studio di via Saluzzo.
Un po’ totem, un po’ costruzioni giocattolo sovradimensionate, i solidi di Concerto di parole guardano, come ha scritto Francesco Fanelli, al secondo futurismo e segnatamente all’opera di Fortunato Depero.
Molinari ha esordito negli anni Sessanta e, allievo di Raffaele Ponte Corvo, con lui e altri artisti come Abacuc, Alessandri e Colombotto Rosso è stato tra i fondatori del gruppo torinese neo-surrealista Surfanta. Ha realizzato inizialmente sculture di rame dall’aspetto antropomorfo, per poi dedicarsi a sperimentazioni su plexiglas e legno e approdare infine
alle grandi installazioni in cemento, dai colori squillanti, spesso destinate a spazi pubblici. Concerto di parole è stata infatti riconfigurata in cemento in forma permanente, in un’area verde prospiciente l’Ospedale pediatrico Regina Margherita.
Dopo l’esordio nel 1967 alla galleria Gian Ferrari di Milano, Molinari ha esposto in gallerie italiane e straniere e nel 2004 la Fondazione Peano di Cuneo gli ha dedicato una mostra retrospettiva. -
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Vento solare (2004)
Luigi Nervo
Piazzetta Mollino (Circ. 1)
Tubi in acciaio, tubo luminoso a led, blocchi di calcestruzzo, rete metallica, legno multistrato, vernice riflettente, proiettori. Per Vento solare si aggiungono profilati in alluminio, tubo luminoso a led e una nuova struttura metallica di supporto.
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Il bosco dei maghi è l’installazione luminosa che Luigi Nervo presentò per Luci d’Artista a partire dalla prima edizione del 1998. Si componeva di dodici bassorilievi rappresentanti i segni zodiacali nella consueta iconografia zoomorfa, dipinti di vernice arancione riflettente e accompagnati da cinquanta alberi stilizzati tratteggiati dai neon. Per l’edizione del 2001, Nervo aggiunse un altro bassorilievo raffigurante il sole, e scelse di chiamarlo Vento solare. Risalgono a questo intervento le parole con cui l’artista parla del concetto scientifico di cui ha subito il fascino.
Quando, per ragioni conservative, non fu più possibile esporre Il bosco dei maghi, lo stesso bassorilievo del sole divenne il centro della nuova opera realizzata da Nervo, Vento solare, che si configura appunto come un sole che emana i suoi raggi di neon luminosi, arrivando a lambire il profilo del bassorilievo della luna, aggiunto in questa fase.
Nervo ha esordito come designer alla metà degli anni Cinquanta e dal 1973 a 1998 ha insegnato scultura all’Accademia Albertina. È noto soprattutto per le Macchine/gioco come il Dinosauro di parco Michelotti a Torino, allestite in diverse città italiane. Nel 1984 ha fondato il Teatro d’automi e nello stesso periodo ha allestito scenografie per il Teatro Stabile di Torino e di Trieste e per l’Opera di Roma. Dopo una mostra presso la galleria G30 di Parigi, ha esposto in molte gallerie torinesi e ha teorizzato una didattica della manualità confluita nella Guida al gioco creativo, pubblicata nel 1982. -
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L’amore non fa rumore (1998)
Luca Pannoli
Parco Michelotti, nel prato fronte Biblioteca Geisser (Circ. 8)
Sagome bifacciali in metacrilato serigrafato, tubi al neon e a led, pali in acciaio e basamenti in calcestruzzo.
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La Luce di Domenico Luca Pannoli è composta da trentasette pannelli luminosi che imitano la segnaletica stradale e alcuni famosi marchi commerciali, come il simbolo di un sorriso in luogo di quello di divieto di sosta o la scritta «Love» al centro del marchio Esso. Tra frecce che indicano il futuro e simboli della pace, campeggia la scritta che dà il titolo all’opera. L’effetto di stupore ricercato da Pannoli aumenta quando le componenti dell’opera sono distribuite lungo una strada e possono più facilmente essere confuse, da lontano, con le normali insegne stradali, mentre l’invito all’armonia si fa quasi letterale nei casi in cui le componenti dell’opera siano concentrate ed esposte le une accanto alle altre.
L’amore non fa rumore ha vinto il concorso della Città di Torino «Luci di Natale» riservato ai giovani artisti e indetto in occasione della prima edizione di Luci d’Artista. Nel 2014, proprio con L’amore non fa rumore, ha partecipato al Glow Festival di Eindhoven. -
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Amare le differenze (2005)
Michelangelo Pistoletto
Antica Tettoia dell’Orologio, Porta Palazzo (Circ. 7)
Neon, telai di supporto e sistema di controllo
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Amare le differenze è la frase tradotta in 39 lingue che compare sul mercato alimentare più importante della città, nel quartiere multietnico di Porta Palazzo. Nel pensiero di Pistoletto, le differenze, spesso ragione di conflitti sociali, sono anche l’aspetto da valorizzare per resistere a un sistema che tende all’omologazione. La sua esortazione supera quindi le abituali categorie di tolleranza e inclusione e «penetra direttamente nella sfera del sentimento».
L’opera è parte di Love Difference – Movimento Artistico per una Politica InterMediterranea dell’Ufficio Politica di Cittadellarte, che «unisce l’universalità dell’arte all’idea di transnazionalità politica e focalizza la sua attività nell’area mediterranea in quanto in essa si rispecchiano i problemi della società globale». Love Difference si situa in continuità con il percorso di Pistoletto e in particolare con il manifesto Progetto Arte del 1994 e la creazione di Cittadellarte, fondazione biellese nata nel 1998 dall’esigenza di «ispirare e produrre un cambiamento responsabile nella società attraverso idee e progetti creativi».
La vocazione sociale della Luce Amare le differenze è potenziata dal contesto di Porta Palazzo, quartiere popolare, vero e proprio crocevia di persone e merci provenienti da diversi Paesi.
Pistoletto ha esordito a fine anni Cinquanta, per guadagnare poco dopo l’attenzione della critica con i Quadri specchianti. Tra i protagonisti dell’Arte Povera, ha realizzato opere assurte a simbolo di un’intera stagione artistica come la Venere degli stracci o della contestazione al sistema stesso dell’arte come Oggetti in meno (entrambe del 1967), e da allora il coinvolgimento dello spettatore è uno dei temi centrali del suo lavoro.
Alla Biennale di Venezia è stato insignito del Leone d’Oro alla carriera. Dal 2004 ha dato vita al progetto Terzo Paradiso. -
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My Noon (2010)
Tobias Rehberger
Piazza Arbarello (Circ. 1)
Acciaio e tubo luminoso a led su base in acciaio rivestita in pietra, centralina di comando computerizzata.
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Con My Noon, letteralmente «Il mio mezzogiorno», Tobias Rehberger ha realizzato un orologio formato da elementi luminosi quali cerchi bianchi, linee inclinate rosse e linee verticali bianche che corrispondono rispettivamente a ore, frazioni di dieci minuti e minuti. Contando gli elementi accesi è dunque possibile sapere che ore sono.
A partire dai suoi esordi negli anni Novanta, la ricerca di Rehberger ha affrontato i temi della percezione e della consapevolezza, della temporalità e del senso di transitorietà, della discontinuità e dell’ambiguità. L’opera torinese si configura come un lavoro concettuale sulla percezione del tempo, ulteriormente potenziato, nelle intenzioni dell’artista, dalla collocazione vicino a palazzi o monumenti storici.
Tra gli artisti tedeschi più affermati della sua generazione, Rehberger si è formato alla Städelschule di Francoforte, dove ora insegna. Ha sperimentato diversi linguaggi espressivi, dalla scultura al video, dalla pittura murale all’installazione, e ha esposto in sedi prestigiose come la Whitechapel Gallery di Londra, lo Stedelijk Museum di Amsterdam, il Museum Ludwig di Colonia o il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid. Si è spesso distinto per una rilettura ironica e dissacrante del paradigma modernista, al quale pure resta in certa misura legato. Al mondo delle avanguardie storiche si riferiscono alcune sue installazioni come Was du liebst, bringt dich auch zum Weinen («Ciò che si ama fa anche piangere»), un’opera in forma di spazio sociale, la caffetteria del Padiglione Centrale della Biennale di Venezia, tuttora in uso, che gli è valso il Leone d’Oro alla Biennale del 2009. -
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Ice Cream Light (2013)
Vanessa Safavi
Via Borgo Dora (Circ. 7)
Neon e telaio in alluminio.
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Ice Cream Light consiste in oltre cinquanta rettangoli di neon che raffigurano altrettanti coni gelato. Diversi tra loro, pur nella somiglianza reciproca, sono stati realizzati prendendo a modello le insegne luminose delle gelaterie. Vanessa Safavi li ha utilizzati come catalizzatori di alcuni stereotipi positivi legati all’immagine dell’Italia e al suo estro, come terra di buona cucina, buongusto e piacere.
L’artista ha spiegato quanto conta per lei appartenere a una cultura come quella svizzera, che include tre lingue e la pone così in contatto con un’identità intrinsecamente molteplice. Le sue ricerche relative ai movimenti di popolazione, al turismo e alla nozione di esotismo l’hanno portata a viaggiare molto, specialmente in Africa, e ad affrontare i temi dell’alterità e dell’alienazione. Nel 2011 Safavi ha vinto il premio Illy Present Future con l’installazione Real Life is Elsewhere, poi esposta al Castello di Rivoli, in cui, con l’uso della sabbia, evocava gli spazi sconfinati del deserto. Dell’anno successivo sono le prime installazioni con piccoli uccelli colorati tassidermizzati, frutto delle sue riflessioni sulla caducità, mentre più recenti sono le opere in silicone come Alien Armpit (2022) o quelle in cui affronta temi legati all’identità di genere come Various Diaries of Women’s Empowerment (2021). I suoi lavori più recenti, per i quali impiega una molteplicità di materiali differenti, sono spesso caratterizzati dalla scelta di colori pastello e di titoli graffianti, come Ecstasy Entropy (Prozac) o Housewife on Drugs (Lexo), entrambi del 2021. -
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Noi (1998)
Luigi Stoisa
Via Po (Circ. 1)
Neon sostituiti con tubo luminoso a led nel 2022, profilati in acciaio e in alluminio, cavi di acciaio e nylon.
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L’installazione di Luigi Stoisa consiste nella successione di quindici coppie formate dai profili di un uomo e una donna che si congiungono all’altezza delle teste, come a formare il timpano di una capanna. Il tema del Natale è svolto nel suo nucleo essenziale: «Io volevo lavorare sull’uomo, in fondo il Natale è una creazione dell’uomo e della donna». Anche la scelta di una colorazione monocroma stempera il rimando festivo per evocare piuttosto una sensazione di calore, protezione, e i valori dell’unione, della condivisione e, sostanzialmente, dell’amore.
Affascinato dalla trasformazione dei materiali, nella sua ricerca Stoisa spazia dalla pittura alla scultura in terracotta e in bronzo, dalle installazioni polimateriche al disegno, che considera la «prima forma dell’idea».
Luigi Stoisa ha avuto la sua prima personale nel 1984 alla galleria torinese Tucci Russo, dove ha esposto Narciso, installazione con catrame e pittura, in cui la rilettura delle istanze processuali si affiancava alla riflessione sul recente ritorno alla figurazione. Da allora è stato protagonista di importanti eventi espositivi nazionali e internazionali presso istituzioni come la Fundación Joan Miró di Barcellona (1985), la De Appel Foundation di Amsterdam (1986), il Museo d’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato (1988) e molte altre. Oltre alla luce Noi, ha realizzato diversi interventi urbani a Torino, tra i quali si ricordano l’installazione per l’AISM nel 2004, le sculture in bronzo per la biblioteca Italo Calvino nel 2008 e la realizzazione della Porta Santa per il Duomo nel 2015. -
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...?... (2022)
Grazia Toderi
Cupola della Basilica Mauriziana, piazza della Repubblica (Circ. 1)
16 proiettori led, sistema di controllo DMX, alluminio, cavi d’acciaio.
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«Piazza della Repubblica è luminosissima, piena di punti di luce che disegnano l’attività frenetica di questo luogo. Mi chiedevo che senso potesse avere una mia opera in questo spazio, e a un certo punto ho sentito la presenza di un corpo architettonico che osservava la piazza dall’alto. Era la cupola di una chiesa che rimaneva in un piano superiore oscuro, differente da quello inferiore che determinava tutte le attività della città».
La Basilica Mauriziana è collocata nei pressi della piazza dove ogni giorno si svolge uno dei mercati più grandi d’Europa, luogo di scambio e relazioni nel cuore della città, in un quartiere che negli anni è cresciuto rafforzando la propria identità multiculturale. Emerge nel buio sopra la cupola l’opera ...?... di Grazia Toderi: un punto interrogativo rosso, che non è immobile ma cambia grazie a un programma di animazione delle luci, che lo rendono vivo e sempre diverso, come se si rinnovasse a ogni sguardo. Dalla sommità della Basilica, l’opera ...?... sembra osservare silenziosamente il brulichio della vita quotidiana che pervade la piazza, come un invito aperto a porre domande senza necessariamente giungere a una risposta univoca. È un segno che poeticamente intende mostrare il valore del dubbio e dell’esitazione di fronte alla complessità della realtà. Riferimento iconografico già presente in altri lavori dell’artista come Quoi? (2003), il punto interrogativo vuole essere simbolo di domande comuni personali e condivise che riguardano la quotidianità, e anche mostrare come il dubbio continuo sia il motore del desiderio di conoscenza e della ricerca, che si applica in campo scientifico, politico, spirituale, artistico e culturale.
Attraverso il video, la fotografia, il disegno e la luce, le opere di Grazia Toderi offrono una riflessione che coniuga visioni intime e personali con un immaginario collettivo in dialogo con l’evoluzione del linguaggio tecnologico e la cultura mediatica contemporanea. Nelle sue opere video la luce e il movimento compaiono su tracciati stratificati di città e architetture, in connessione tra terra e cielo. Grazia Toderi ha esposto nelle principali istituzioni internazionali, ricevendo numerosi riconoscimenti, tra cui il Leone d’Oro della Biennale di Venezia nel 1999. -
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Luce Fontana Ruota (1999)
Gilberto Zorio
Corso Unità d’Italia presso il Laghetto di Italia ‘61 (Circ. 8)
Struttura portante e mulino in forma di stella luminosa in acciaio, secchi, plexiglass specchiante, tubi in plastica, pittura al fosforo e materiale plastico, quadro di comando.
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Luce Fontana Ruota di Gilberto Zorio è una stella a cinque punte di oltre undici metri di diametro che, sorretta da un braccio verticale, ruota come un mulino sfiorando il pelo dell’acqua e generando così piccole cascate continue. Ricoperta di fosforo, al buio l’opera assume una colorazione vicina all’azzurro. La figura della stella è ricorrente nel lavoro di Zorio: in cristallo, in cuoio, con i contorni di nichel cromo incandescente, composta di giavellotti, o in forma di torretta di mattoni con sezione a cinque punte, essa attraversa tutto il percorso dell’artista. E anche il fosforo era già stato utilizzato in diverse occasioni, a partire dal Pugno in cera fosforescente esposto da Sperone nel 1971 e a Kassel nel 1972. Il lavoro di Zorio si caratterizza per l’impiego di materiali industriali che, trasformandosi, si fanno portatori di energie e tensioni latenti. La condizione di buio o di luce, l’evaporazione di acqua marina (in Tenda, 1967) o le reazioni chimiche (Piombi, 1968) fanno della processualità una sua cifra essenziale. Tra i protagonisti dell’Arte Povera, dalla metà degli anni Sessanta Zorio ha cominciato un’intensa attività espositiva che ha portato le sue opere in alcune delle più importanti istituzioni internazionali e a cinque edizioni della Biennale di Venezia. -
A
L’albero del PAV
Piero Gilardi
Via Giordano Bruno, 31 (Circ. 1)
Quest'albero, arabescato di luce colorata, intende divenire un augurale preludio simbolico per i cittadini che si avventurarono nel Parco d'Arte Vivente, tra le macchie di verde profumato alla ricerca dei segni di un'arte ecologica che celebra il nostro reincanto per la natura. Pav, Parco arte vivente
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B
MOSADEQHShadi Harouni
Mao - Museo d’Arte Orientale (Circ. 1)
L’opera rievoca l’insegna della bottega di Reza Nik, calzolaio di una città di provincia dell’Iran. Scritto in Farsi, scandisce il nome di Mohammad Mossadeq – primo ministro liberamente eletto dal popolo iraniano, poi destituito tramite un colpo di Stato organizzato dalla CIA – MSDQ. Poco dopo le autorità ordinarono di cambiarlo. Rimuovendo la prima lettera, l’insegna trasforma il nome in verità, ma dopo qualche anno anche la “S” si spense rimanendo Deqh, ovvero morte per crepacuore. MOSADEQH riferisce le ripercussioni psicologiche ed emotive del colpo di Stato. Il neon si accende e si spegne a intermittenza in alcune sue parti per scandire contemporaneamente il nome del defunto primo ministro e il termine che, in lingua farsi, indica la morte per crepacuore.
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Per informazioni su orari e biglietti maotorino.it -
C
Visual Persuasion
Paulina Olowska
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Circ. 3)
Visual Persuasion è un’installazione luminosa composta da sette insegne al neon poste lungo la galleria oscurata del museo, richiamando così la dimensione urbana e notturna, in un gioco di rimandi tra interno ed esterno. L’idea dell’artista è portare la città nell'edificio, gli angoli al neon dei vicoli nelle sale, per sperimentare l'effetto delle immagini sul subconscio e sulla creazione del desiderio. La riflessione sulla memoria della città si presenta con un universo simbolico in cui si incrociano consumismo, femminismo e design.
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Per informazioni su orari e biglietti fsrr.org -
D
In this issue: Statement concerning the Institutional history of the museum
Khalil Rabah
Fondazione Merz (Circ.3)
Questa installazione rientra tra i lavori della parte archivistica del Palestinian Museum of Natural History and Humankind. Riprende il titolo di una newsletter del Museo e permette una riflessione su come le opere sul museo possano anche creare un’anatomia del museo stesso, che cerca il suo luogo e cresce domandandosi: l’arte può correggere la storia?
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Per informazioni su orari e biglietti fondazionemerz.org -
E
Guizzo Baleno
Mario Airò
Via Baltea (Circ. 6)
Ideata per i Laboratori di Barriera (Via Baltea 3, Torino) grazie al programma Nuovi Committenti, la scultura luminosa è stata commissionata dalle realtà associative che vi operano. È un segno aereo che all’improvviso cambia direzione e, come un’onda, si riavvolge su sé stesso evocando la forza energetica dell’arco voltaico e l’incanto di un arcobaleno impresso nell’alchimia della materia.
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F
Miraflora
Emanuela Ascari
Teatro della Parrocchia della Visitazione di Maria Vergine e S. Barnaba. (Circ. 2)
Questa “luminaria da balcone” propone una “riconversione” dell’immaginario legato al nome del quartiere Mirafiori, modificandolo in MIRAFLORA, in riferimento all’antico Castello di Miraflores da cui prese il nome. È vincitrice del bando Urrà che prevedeva una residenza d’artista presso una delle famiglie che abita le “case torri” di Via Artom a Mirafiori sud, un complesso di edilizia popolare costruito sul finire degli anni Sessanta per dare una casa ai nuovi cittadini arrivati a Torino per lavorare alla Fiat. L’artista, a causa della pandemia da Covid19 e ispirandosi a Luci d’Artista, ha pensato ad un’opera che potesse essere ospitata al suo posto e attivata dagli abitanti. La luminaria presenta una rilettura e una nuova narrazione di un quartiere ad alta densità di “verde”, un quartiere dove si vive bene, si respira, dove c’è ossigeno.
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G
Anatomia Umana
Salvatore Astore
Corso Galileo Ferraris
Installazione artistica site specific a carattere permanente in acciaio inox, alta più di cinque metri, realizzata per celebrare il quinto centenario della morte di Leonardo da Vinci. Costituita da due corpi verticali percorsi in superficie da saldature ben evidenti e caratterizzati da due ampi fori sagomati a forma di calotta cranica, l’opera Anatomia Umana dialoga armonicamente con l’ambiente circostante valorizzando le diverse prospettive urbane. Donazione della Galleria Mazzoleni alla Città di Torino.
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H
Mater
Alessandro Bulgini
Flashback Habitat Ecosistema per le Culture Contemporanee (Circ. 8)
L’opera è legata alla storia del luogo in cui Flashback opera, l’ex Istituto Provinciale per l’infanzia di Torino. Per l’artista le mura delle 4 palazzine hanno un valore più grande di quel che si possa pensare, tanto da farle simbolicamente diventare esse stesse Madre. Tra le mura dell’ex brefotrofio, nel momento dell’abbandono, si è interrotto un legame originario. L’opera è accompagnata da un testo che racconta la testimonianza di chi ha abitato quel luogo.
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J
Giardino Barocco Verticale
Richi Ferrero
The number 6 / Via Alfieri, 6 (Circ. 1)
Nasce dal desiderio di reinterpretare la presenza del giardino barocco originale quale citazione dello ‘spazio onirico’, momento di raffinata e rigorosa decorazione dello spazio comune. Il luogo originale non esiste e non può esistere più, ma la sua memoria rinasce oggi, nella verticalità che dalla corte sale ai tetti per vivere come giardino-citazione sospeso nell’aria. (…) avvalendosi della leggerezza delle emissioni luminose, restituisce alla memoria quello che era il segno caratteristico delle aree comuni”.
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K
a-cromative
Migliore+Servetto per GRATTACIELO INTESA SANPAOLO
Grattacielo Intesa Sanpaolo (Circ. 3)
L’installazione luminosa site specific, realizzata da Migliore+Servetto per il grattacielo Intesa Sanpaolo, è un'opera dinamica, un'onda di colore sensibile ai mutamenti della luce. Come frame in stop motion, una sequenza di scaglie luminose genera un organismo pulsante, perfettamente inserito nella natura della serra bioclimatica, un vortice iridescente che respira e vibra in sintonia col vento e con l'ambiente che la accoglie, plasmandosi alla luce naturale e trasformandosi nel buio.
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L
1706
Luigi Nervo
Incrocio tra via Pianezza e via Foglizzo (Circ. 5)
Scultura-monumento in acciaio inox realizzata nel 2006 per celebrare i trecento anni dall’assedio di Torino e che riporta la data di questo evento storico (1706). Nervo definì il progetto “Un vibrare di forme che si manifesta come materia in formazione. Materia che scaturisce e germoglia dalle crepe della terra, diventa prima numero e poi cifra-simbolo capace di evocare e raccontare nella sequenza: materia-cifra- storia”.
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M
Luce in cattedra
Polito in Light
Castello del Valentino, Corte D’Onore (Circ.1)
Un esempio originale di come coniugare la tecnologia con l’espressione artistica per focalizzare l’attenzione sul tema dell’uso della luce nel contesto urbano. Progettata con il LAMSA - Laboratorio di Analisi e Modellazione dei Sistemi Ambientali del Politecnico di Torino. A cura di IREN.
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N
Internet Vittoriano
David Reimondo
Corte Palazzo Cisterna (Circ.1)
La ricerca dell’artista si basa sul ruolo del linguaggio all’interno della nostra società e utilizzando il codice Morse, si concentra sull’elemento estetico e artistico che tale idioma contiene. L’installazione multimediale agisce su più livelli: spaziale, temporale e sensoriale. L’installazione luminosa, accompagnata da una traccia sonora, raggiunge la sua massima fruibilità al calar del sole trasformando lo spazio in un palcoscenico che lo spettatore può percorrere e vivere dall’interno e visitare durante il giorno.
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O
Flammarion
Oliviero Rinaldi
Italgas, Largo Regio Parco (Circ. 7)
L'opera, intitolata Flammarion, è composta da un gruppo scultoreo principale articolato in più elementi, collocato davanti al civico 9 – sede di Italgas –, e da due elementi scultorei singoli – segni sottili ed eleganti – posizionati rispettivamente al civico 11 di Largo Regio Parco e al civico 4 di Corso Palermo. Nella sua collocazione diffusa sul territorio urbano, Flammarion si ispira al concetto delle costellazioni quali insiemi di corpi celesti distribuiti nello spazio con uno schema geometrico riconoscibile, studiate e divulgate a fine Ottocento dall'astronomo Camille Flammarion.
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P
L’albero orizzontale di Piazza Montale
Tavolo Vallette
Piazza Eugenio Montale (Circ. 5)
Allestimento luminoso partecipato realizzato dal Tavolo Vallette, in collaborazione con la Casa di Quartiere, le Officine Caos della Circoscrizione 5 e IREN.
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Da dicembre 2023 -
Q
Sintesi ‘59
Armando Testa
Piazza XVIII Dicembre (Circ. 1)
Una sfera e una mezza sfera di acciaio nero, di circa 5 metri di altezza, ricorda a Torino, la creatività e lo stile di Armando Testa, uno dei più grandi creativi italiani della cultura visiva contemporanea, creatori di simboli entrati a far parte dell’immaginario collettivo.
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R
Mondlader
Marco Lodola
Mercato Centrale – piazza della Repubblica (circ. 7)
Un’onda blu umana in perpetuo movimento, che attraversano il deserto e il mare in cerca di una vita migliore. Mondlader è ispirato alla omonima canzone di Roberto Vecchioni e al film di Matteo Garrone, Io Capitano.
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Realizzata con il contributo di Cultura Italiae.
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ACCADEMIA DELLA LUCE
Il public program di luci d'artista
In questo percorso evolutivo riveste un ruolo fondamentale il Public Program, rinominato Accademia della Luce; un percorso di iniziative e attività che integrano e accompagnano le installazioni luminose sul territorio cittadino. Il Public Program sarà coordinato dal curatore di Luci d’Artista e avrà un tema unico: quest’anno il tema è “Luce e parola poetica”, attorno al quale ruotano tutte le attività.
Nell’ambito di Accademia della Luce sei musei torinesi – Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Fondazione Merz, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, GAM – Galleria Civica di Arte Moderna e Contemporanea, MAO Museo d’Arte Orientale e PAV Parco Arte Vivente – grazie ai loro Dipartimenti Educazione promuovono occasioni di dibattito e azioni con le scuole del territorio, avvicinando le Luci e l’arte contemporanea alla formazione classica diventando protagonisti di proposte educative mirate per tutte le circoscrizioni torinesi.
Gli eventi pubblici invece verranno concentrati nei giorni attorno al 21 (solstizio d’estate) e al 24 giugno 2024 (San Giovanni Battista, patrono della Città di Torino). Sarà il primo grande passo di Luci d’Artista per uscire dai suoi confini temporali abituali; in questa occasione saranno coinvolti un gruppo di poeti, italiani e stranieri, di differenti generazioni, invitati a lavorare sul tema della luce attraverso performance e reading. Ma già nel mese di dicembre 2023 prenderanno avvio le attività con una conferenza sull'opera e il lavoro dell’autore della nuova Luce, Giovanni Anselmo, negli spazi della GAM, in cui saranno coinvolti critici, storici dell'arte, artisti e galleristi che hanno incrociato la vita del maestro dell'Arte Povera. -
LUCI D'ARTISTA CITY TOUR
Visita Torino in una luce straordinaria con un tour della città davvero speciale.
Accompagnato da una guida turistica potrai ammirare dall’alto le installazioni più celebri della 26a edizione di LUCI D'ARTISTA durante un emozionante tour di un'ora con il bus panoramico City Sightseeing® Torino.
Tour a bordo di un autobus panoramico con guida turistica (in lingua italiana, inglese e francese)
Quando: Sabato 4, Sabato 11, Sabato 18 e Sabato 25 novembre 2023 e ogni sabato e domenica dal 2 dicembre 2023 al 7 gennaio 2024 + i giorni festivi 8, 25 e 26 dicembre 2023 e 1° gennaio 2024
Partenza: ore 17.30* (piazza Castello/via Po)
*8, 9, 30 dicembre 2023 + 6 gennaio anche ore 19.00
Durata: max 1 ora
Tariffa intero: € 18,00
Tariffa ridotto (5-15 anni): € 9,00
Bambini under 5: Free
Info e prenotazioni:
City Sightseeing
infotorino@city-sightseeing.it
Tel: +39 011 19464500
SPECIALE NOLEGGIO
Contattaci per organizzare il tour privato con il tuo gruppo! -
TREKKING URBANI
“NATURA IN CITTÀ SOTTO LE LUCI D’ARTISTA”Per la prima volta quest’anno vengono proposti, in collaborazione con Metrotrail, 4 itinerari di trekking urbano che abbinano Natura e Luci d’Artista 2023.
Una guida escursionistica ambientale accompagnerà i visitatori a scoprire ambienti ecologicamente rilevanti a Torino – come fiumi, parchi, giardini e semplici aiuole – percorrendo impensabili sentieri urbani verdi, punteggiati dalle installazioni di LUCI D’ARTISTA. La silente fauna notturna dei fiumi farà da contrasto con le luci stesse e la vita della città; alberi monumentali e giardini segreti segneranno la riscossa della Natura sulla metropoli.
Le camminate saranno lunghe indicativamente dai 6 ai 7 chilometri e dureranno circa 2 ore e mezza. Sono previste sabato 4 (ore 17:30); venerdì 10 (ore 20:30) e domenica 19 novembre (ore 17:30); sabato 2 (ore 17:30), mercoledì 6 (ore 20:30); mercoledì 27 dicembre (ore 20:30) e venerdì 12 gennaio 2024 (ore 20:30)
I percorsi hanno una durata di max 2,5 ore.
Tariffa intero: € 16,00 / Tariffa ridotto (5-15 anni): € 8,00 / Bambini under 5: Free
Minimo 4 persone
Info e prenotazioni:
MetroTrail
info@metrotrail.it
Tel: +39 342 7530853 (anche WhatsApp)
Per scoprire gli itinerari scarica -
PER SCOPRIRE TORINO
TORINO+PIEMONTE CARD
Per un periodo che varia da 1 a 5 giorni, ingresso gratuito nei principali siti culturali, nelle Residenze Reali di Torino e del Piemonte, nei musei e fondazioni dedicati a tutti i tipi di arte: dall’antica a quella moderna e contemporanea. Sconti sui servizi turistici della città e agevolazioni su moltissime attività. A partire da 29,00 € e disponibile anche nella versione Junior da 18,00 €, per i minori di 18 anni.
Maggiori informazioni a questo link
MERENDA REALE
Un’imperdibile opportunità di gustare l’originale ricetta della cioccolata calda delle corti settecentesche o il celebre bicerin ottocentesco nei famosi caffè storici di Torino.
Maggiori informazioni a questo link
EXTRA VERMOUTH
Un’esperienza di degustazione del celebre vino aromatizzato torinese, accompagnato dalle specialità gastronomiche tradizionali della “merenda sinoira” piemontese.
Maggiori informazioni a questo link
NEWS
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SUMMER SOLSTICE. Luce e parola poetica – 21 giugno
LEGGIIl Public Program di Luci d’Artista 26
SUMMER SOLSTICE
Luce e parola poetica
a cura di Antonio Grulli
Venerdì 21 giugno, dalle ore 18:30
GAM - Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea Torino
Arena Paolini
Partecipazione gratuita
Performance di:
Francesco Balsamo, poeta e artista (Catania, 1969, vive a Catania)
Allison Grimaldi Donahue, poeta e critica d’arte (USA, 1984, vive a Bologna)
Mariagiorgia Ulbar, poeta e traduttrice italiana (Teramo, 1981, vive tra Roma e Abruzzo)
Valerio Magrelli, poeta, critico letterario italiano e docente (Roma, 1957, vive a Roma)
Antonio Poppe, poeta e artista, (Portogallo, 1968, vive a Lisbona) con Cheikh Fall, musicista (Senegal, 1982, vive a Torino)
Poesie per la Dora, collettivo musicale di sperimentazione, rap roots e poesia condivisa, Torino
Siamo arrivati al gran finale di Accademia della Luce, il Public Program della XXVI edizione di Luci d’Artista. Venerdì 21 giugno alle ore 18:30, nell’Arena Paolini della GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino Accademia della Luce giunge al suo ultimo e conclusivo appuntamento.
Una serata in cui un gruppo di poeti internazionali realizzerà reading e performance nel prestigioso spazio all’aperto realizzato da Giulio Paolini. Tutto succederà all’imbrunire del solstizio d’estate, il giorno più lungo dell’anno.
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Accademia di Luce / Public Program
LEGGIHanno preso il via le attività di Accademia della Luce, ilPublic Programdi Luci d’Artista curato da Antonio Grulli e ideato dai Dipartimenti Educazione delle principali istituzioni per l’arte contemporanea della città. Sono sei i musei torinesi coinvolti: Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Fondazione Merz, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, MAO Museo d’Arte Orientale e PAV Parco Arte Vivente.
Tutte le proposte di incontro sono a partecipazione gratuita.
Scarica qui il programma -
Conferenza su Giovanni Anselmo – Giovedì 11 gennaio 2024 – ore 18
LEGGIGAM - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Torino / Sala 1
Ingresso libero, fino a esaurimento posti disponibili
Intervengono:Chiara Bertola, direttrice GAM - Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino
Francesco Arena, artista
Gloria Moure, storica dell’arte, critica e curatrice della grande mostra personale di Giovanni Anselmo al Guggenheim Bilbao che inaugurerà nel febbraio 2024
Lisa Tucci Russo, Galleria Tucci Russo
Elena Volpato, conservatore e curatore GAM
Modera: Antonio Grulli, curatore Luci d’Artista
La conferenza è dedicata all’artista Giovanni Anselmo e a Orizzonti, la Luce installata in Piazza Carlo Alberto che il maestro torinese ha ideato per quest’ultima edizione di Luci d’Artista. L’incontro sarà il momento per approfondire il lavoro di uno dei più grandi artisti del panorama internazionale, discutere dell’opera da lui creata, e analizzare la sua influenza sulle nuove generazioni.In collaborazione con Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Fondazione Merz, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, MAO Museo d’Arte Orientale e PAV Parco Arte Vivente
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FISU World University Games Winter
LEGGIUn’importante sinergia di lungo periodo è quella che si sta costruendo con gli organizzatori dei Giochi Mondiali Universitari invernali di Torino 2025, manifestazione sportiva multidisciplinare – un tempo conosciuta come Universiade – che sarà ospitata a Torino dal 13 al 25 gennaio 2025.
Nel Road TO2025 si inserisce infatti la 26a edizione di Luci d'Artista: un percorso che porterà nell'ottobre 2024 a una partecipazione dei Giochi Mondiali Universitari alla realizzazione di una Luce d'Artista che andrà a posizionarsi su una delle sedi delle gare sportive, per poi entrare a far parte negli anni successivi della collezione delle Luci della Città.